In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». (Gv 10,11-18)
La IV domenica di Pasqua è conosciuta anche come domenica del Buon Pastore per via del vangelo che nei tre anni dei cicli liturgici domenicali è proclamato. Inoltre, da 58 anni, si celebra la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. Quando pensiamo alle vocazioni, immediatamente il pensiero di molti si orienta alle cosiddette vocazioni di speciale consacrazione, e di fatto questa Giornata Mondiale è dedicata ad esse. Eppure la vocazione, prima ancora di essere esplicitata, in una forma di vita precisa, è qualcosa che accomuna tutti. Vocazione significa chiamata.
Come spesso accade, per apprezzare il valore di una realtà dobbiamo fare esperienza della sua assenza, allora sarebbe bene provare a riportare alla memoria il ricordo di una volta in cui non siamo stati chiamati da nessuno. L'esperienza spiacevole di non essere chiamati, di non essere cercati, di solitudine, è forse una delle esperienze più spiacevoli che possiamo provare. Magari, a volte, ci è capitato di desiderare di ritirarci in un luogo solitario, lontano da tutti. Ma quello che sembrava, in quel momento un “paradiso”, poteva tramutarsi in un “inferno” se ci accorgevamo (o ci accorgiamo) che nessuno ci sta cercando, che nessuno pronuncia il nostro nome.
Il Vangelo di questa domenica, è ambientato immediatamente dopo il miracolo di Gesù che dona la vista ad un uomo cieco dalla nascita, e le parole di Gesù che ascoltiamo sono la continuazione della dura accusa che muove verso coloro che volontariamente si rendono ciechi perché non vogliono ascoltare quella voce che li guida alla luce. Ora, accusa coloro che avrebbero il compito di prendersi cura dei loro fratelli, di pascere il gregge, ma non solo non se ne curano, lo disperdono. Questi sono detti da Gesù mercenari, anziché pastori. I mercenari, nel loro cuore non hanno il gregge e le singole pecore ma se stessi, e nel momento in cui vedono avvicinarsi un pericolo, o uno svantaggio, abbandonano il gregge.
Ma il problema non è solo dei mercenari ma anche delle pecore che spesso si illudono seguendo chi vero pastore non è.
Come capire chi è il vero pastore?
Gesù si presenta come tale, infatti l’aggettivo kalos, in greco, che la nostra bibbia traduce come buono, ha una gamma di significati che spazia dal bello al vero e che si potrebbe riassumere con l’espressione, colui che realizza in pieno la sua missione.
Il Pastore Vero, è colui che dona la vita per le sue pecore perché le ha a cuore, se ne cura, perché lo scopo della sua stessa vita è dare vita in abbondanza. Allora possiamo comprendere anche in modo corretto l’espressione «do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo». Gesù non intende dire depongo la mia vita e la recupererò di nuovo. Il senso di quella frase è che è proprio dando la vita che la si acquista in pienezza. Come Gesù, chi dà se stesso fino alla morte per amore non lo fa con la speranza di recuperare la vita come premio di tale sacrificio (merito), ma con la certezza di poterla riprendere di nuovo, per la forza dell’amore stesso.
Questo vangelo, ci fa anche comprendere che ognuno di noi, decide se essere pastore o mercenario. Se centrare la nostra vita su noi stessi, e terminarla lì, oppure se impegnare la nostra vita prendendoci a cuore il progetto di Dio.
Perché, Dove c’è amore fino al limite, c’è vita senza limite, perché l’amore è la vita. Per chi ama non c’è morte. Perché «è dando, che si riceve; perdonando che si è perdonati; morendo che si risuscita a Vita Eterna» (Preghiera semplice).
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